"La determinazione dell’imponibile derivante da prestazioni erogate da fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include anche i contributi versati dal dipendente " in quanto si tratta di fondi derivanti da accordi aziendali che hanno natura facoltativa. Restano invece fiscalmente esenti i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè “in ottemperanza a disposizioni di legge”.
Questo il principio ribadito dalla Cassazione nella sentenza 19515 del 10 luglio 2023.
Imponibilità del Fondo pensione aziendale
Il caso riguardava la dipendente di un istituto bancario che aveva chiesto all’Erario il rimborso dell’importo di € 3.929,00 versati al fondo aziendale di previdenza complementare e considerati non imponibili rispetto alla successiva prestazione erogata dal Fondo stesso
L'agenzia delle entrate proponeva ricorso contro la sentenza di appello affermando che la natura facoltativa della previdenza complementare rende applicabile alla fattispecie l’art. 48, comma secondo, del d.P.R. n. 917/1986, per il quale soltanto i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori (vale a dire versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge) non concorrono a formare il reddito; di conseguenza, i contributi oggetto di controversia, versati a un fondo di previdenza complementare in base a un accordo aziendale, concorrerebbero a formare la base imponibile senza alcuna detrazione.
La Cassazione conferma l'orientamento ormai consolidato per il quale , ove un istituto bancario abbia effettuato, in favore di un ex dipendente, un’erogazione di capitale tramite un fondo di previdenza complementare istituito per il proprio personale in base ad un accordo accessorio al rapporto d’impiego, il reddito' in capo al dipendente va accluso alla categoria della «pensione integrativa» e assoggettato allo stesso regime fiscale. Va considerata quindi bella base imponibile per il calcolo dell'imposta, l’intera somma versata dal fondo, senza defalcare i contributi versati.
Si conclude che restano fiscalmente esenti – a norma dell'art. 48 del d.P.R. n. 917/1986, nel testo vigente ratione temporis (oggi art. 51) – soltanto i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè «in ottemperanza a disposizioni di legge».
La cassazione accoglie quindi il ricorso dell'Agenzia e decide nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente che richiedeva il rimborso dei contributi versati
Contributi previdenza complementare: interpello 589 2021
Giova ricordare anche che con la Risposta a interpello n. 589 del 15 settembre 2021 l'Agenzia delle Entrate aveva chiarito invece il tema della imponibilità in capo al lavoratore dei contributi di previdenza complementare versati dal datore di lavoro.
Il quesito veniva posto da un ente che chiedeva se fossero deducibili i contributi versati alle forme di previdenza complementare, entro il limite di euro 5.164,57, indipendentemente dal soggetto che li sostiene, oppure fosse deducibile esclusivamente la quota versata dal lavoratore.
In merito richiamava l'apparente conflitto tra :
- l'articolo 8, comma 4, del d.lgs. n. 252 del 2005 , che afferma la deducibilità dei " contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente entro il limite di euro 5.164,57 " e
- l'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del Tuir, per il quale "sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente i contributi versati alle forme pensionistiche complementari"
L'agenzia ripercorre nella Risposta , il panorama normativo sull'argomento e specifica in particolare che la lettera e-bis), come modificata dall'articolo 21, comma 2, del citato decreto legislativo n. 252 del 2005, si limita a prevedere la deducibilità dei contributi senza indicarne i limiti per semplice motivo che questi sono espressi direttamente nell'articolo 8 dello stesso decreto.
Ricorda inoltre che con la circolare 18 dicembre 2007, n. 70/E, è stato chiarito che l'espressione contenuta nel comma 4 dell'articolo 8, sopracitato ( «somme versate dal lavoratore e dal datore di lavoro», benché utilizzi la congiunzione "e", deve essere intesa nel senso che è ammessa la deducibilità anche nelle ipotesi di versamento da parte di uno solo dei soggetti (lavoratore, collaboratore ovvero datore di lavoro, committente).
L'interpretazione conclusiva cui giunge l'Agenzia è dunque la seguente:
" non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera h), del Tuir i contributi versati alle forme di previdenza complementare, nel limite di euro 5.164,57, anche se versati dal datore di lavoro. Pertanto, entro la predetta soglia, il sostituto d'imposta, trattenendo l'onere dal cedolino del dipendente:
– deduce i contributi a carico del lavoratore;
– non effettua la ritenuta su quelli a carico del datore di lavoro."
Oltre tale soglia , che si raggiunge considerando i contributi versati da entrambi i soggetti, la restante contribuzione concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
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